Come si possono
gestire la rabbia, l’ansia e la tristezza nell’autismo? Quale metodologia
educativa può essere funzionale ed efficace? Attraverso l’analisi di questo
studio cerchiamo di individuare un metodo funzionale da applicare.
La capacità di comunicare le
proprie emozioni, decodificare e interpretare gli stati emotivi, la
comprensione del significato attribuito ai sentimenti e la gestione di comportamenti
emessi in risposta alle emozioni sono abilità deficitarie nelle persone
autistiche.
Nella letteratura
scientifica tale difficoltà è comunemente rilevata in studi e ricerche
specifiche sul tema.
Vi è un deficit nell'”intelligenza
emotiva” teorizzata da Daniel Goleman, ovvero la capacità di riconoscere le
emozioni e di gestirle, nell'auto consapevolezza che permette alla persona di
monitorare le proprie emozioni e le reazioni che ne derivano, sia
individualmente, sia nella relazione con gli altri.
In particolar modo
nell’autismo spesse volte il nodo cruciale è nei comportamenti collegati alle
emozioni, che possono sfociare in comportamenti problema.
Negli studi è spesso
tralasciata l’individuazione di metodologie specifiche per far acquisire
delle capacità legate a gestione delle emozioni e dei comportamenti.
Quale metodologia
usare per aiutare le persone autistiche a gestire le emozioni?
Una ricerca condotta presso
la facoltà di medicina dell'Università di York in Inghilterra, ha rilevato come
la CBT ovvero la terapia cognitivo comportamentale sia una metodologia efficace per migliorare
la regolazione emotiva nei bambini autistici.
Nello studio l’emozione
target su cui si è basato è stata l’ansia e si è rilevato come
l’applicazione di questo metodo potesse dare dei risultati anche per la rabbia
e la tristezza.
Lo studio rappresenta il
primo esperimento di terapia cognitivo comportamentale per bambini con autismo,
che utilizza uno studio controllato.
68 bambini di età compresa
tra 8 e 12 anni e i loro genitori, per lo più le mamme, hanno partecipato allo
studio e sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: un gruppo ha
ricevuto dieci sessioni di terapia mentre l’altro gruppo era in “wait list”.
Dalla verifica i ricercatori
hanno rilevato come le emozioni e i comportamenti del primo gruppo si siano modificati
da prima a dopo il trattamento.
Vi è stato un miglioramento
nella capacità dei bambini di regolare le proprie emozioni e i comportamenti
che ne derivano.
Per avere una valutazione
obiettiva i bambini sono stati valutati da un consulente esterno, che non era
coinvolto nell’emissione diretta del trattamento comportamentale e non sapeva
se i bambini erano nel gruppo di trattamento o della “wait list”.
Egli riteneva che il 74% dei
bambini trattati fosse migliorato, rispetto al 31% di quelli nel gruppo di
attesa.
Come è stata applicata la
CBT in modo che agisse in maniera efficace sulla gestione delle emozioni?
Il trattamento consisteva in
una terapia comportamentale cognitiva a tempo limitato e a monitoraggio
diretto, che attraverso l’uso di un
programma per computer supportava i bambini nella creazione di un kit di
strumenti legati alla competenza emotiva funzionale per riconoscere le emozioni
e per imparare quali comportamenti mettere in atto.
I bambini venivano indotti
in situazioni dove era presente un alto livello di stress e gli veniva
insegnato come reagire ad esso.
Un ruolo importante era
assegnato ai genitori, i quali imparavano insieme ai propri figli gli
interventi da mettere in atto, divenendo aiuto terapeuti nelle sedute di
terapia grazie alle sessioni di parent training.
Jonathan Weiss , ricercatore
a capo dell’esperimento, afferma il ruolo fondamentale dei genitori e
della terapia cognitiva comportamentale: "Riteniamo che i bambini
crescano, sviluppino e migliorino in un contesto famigliare sano. Questo
intervento aiuta a supportare l'unità familiare che diviene l’agente principale
e attivo del cambiamento".
L’analisi di questo studio
ci evidenzia quanto rigore metodologico si possa applicare anche nel campo
della disabilità e degli interventi educativi.
Sottolineiamo questo aspetto
nell’auspicio che la stessa mentalità e approccio diventino la norma nella
pianificazione dei servizi per l’autismo anche nel contesto italiano.
Inoltre data la precisione con
cui sono impostati i trattamenti cognitivo comportamentali per disturbi d’ansia
e dell’umore si spera che la stessa minuziosa impostazione dei protocolli venga
implementata anche per i disturbi dello spettro autistico.
Dott.ssa
Cristina Basso
EDUCATRICE
Per l’articolo
completo in lingua originale visita il link:
https://www.sciencedaily.com/releases/2018/04/180424133558.htm
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